Riassunto
Il Granchio blu americano Callinectes sapidus (Rathbun, 1896) fece la sua comparsa nel 1949 nelle acque italiane, più precisamente nella laguna di Grado. Da allora la presenza della specie fu registrata sporadicamente, fino a qualche decennio fa, quando questo decapode alloctono cominciò ad essere segnalato in molte aree del Mediterraneo, comprese le sponde orientali ed occidentali dell’Adriatico. Nel presente articolo vengono riportate alcune segnalazioni della specie nell’area veneta del Delta del Po (Rovigo). I dati sono relativi al periodo compreso tra Luglio 2018 e Maggio 2021, e mostrano una distribuzione spaziale estesa e ben distribuita di C. sapidus nell’area oggetto di studio, sia in ambienti vallivi e lagunari, che in mare.
Abstract
The first record of the blue crab Callinectes sapidus (Rathbun, 1896) in Italian waters occurred in 1949 in Grado lagoon. Since then, the presence of the species was sporadically reported, until a few decades ago, when this alien decapod began to be observed in many areas of the Mediterranean, including the eastern and western shores of the Adriatic Sea. In the present article the presence of this species in the Veneto area of the Po Delta (Rovigo) is recorded. Data have been collected between July 2018 and May 2021 and show an extended and uniform distribution of C. sapidus in the study area: valleys, lagoons and sea.
Introduzione
Il Mar Mediterraneo è da tempo oggetto di colonizzazione da parte di specie aliene, sia come fenomeno spontaneo attraverso il Canale di Suez, che come conseguenza di attività antropiche. I principali vettori di introduzione causati dall’uomo, per quanto riguarda gli organismi marini, sono infatti identificati in vari aspetti del trasporto via nave, dal rilascio delle acque di sentina alle incrostazioni degli scafi. Solo una minima parte deriva da introduzioni accidentali o volontarie (Brockerhoffet al., 2011). I cambiamenti climatici possono inoltre favorire la migrazione spontanea di nuovi organismi dai mari più caldi verso aree con acque più fredde. (Raistoset al., 2010)
Una delle specie alloctone oggi diffuse in tutto il territorio europeo è il granchio blu Callinectes sapidus (Rathbun, 1896) (Decapoda, Brachyura, Portunidae) originario delle aree costiere americane dell’Oceano Atlantico (Nehring, 2011). Il granchio blu è considerato una specie ad alta valenza ecologica: frequenta sia ambienti lagunari a bassa salinità sia il mare aperto, compiendo migrazioni legate al ciclo biologico (Hineset al., 1995, Epifanio 1955). C. sapidus si nutre di crostacei, pesci e molluschi (Laughlin, 1982); specie eurialina (Towle et al., 1976), presenta un’alta tolleranza alle diverse temperature e ben sopporta le temporanee carenze di ossigeno, tipiche di ambienti eutrofici (Defur, 1990).
La prima apparizione del granchio blu in Italia è datata 1949, nella laguna di Grado, ed un anno dopo nella Laguna di Venezia (Dulcic et al, 2010). In Adriatico le segnalazioni si fermano al 1991, per poi riprendere ed aumentare esponenzialmente fino ad oggi, sia nelle aree costiere occidentali che in quelle orientali (Dulcic et al., 2010; Castriota et al., 2012; Cilenti et al., 2015; Manfrin et al., 2016; Mizzan, 1999; Onofri et al., 2008; Stasolla et al., 2014). Nel territorio italiano, C. sapidus è stato segnalato anche lungo le coste occidentali e nelle isole, confermandosi ormai come una presenza pressoché ubiquitaria nei nostri mari, anche se saltuaria in molte aree (Gennaio et al., 2006; Suaria, 2017; Piras, 2019; Gaglioti et al., 2021). Per il Delta del Po, l’unica segnalazione ufficiale presente è datata 2015 nella sacca di Goro, nonostante la presenza della specie sia nota da tempo (Manfrin et al., 2015).
I dati raccolti nel presente studio, come altre segnalazioni sopra citate (Suaria 2017; Gaglioti et al., 2021), derivano da una costante collaborazione con pescatori, addetti ai lavori e cittadini, che hanno permesso di coprire una vasta area di studio come quella del Delta del Po veneto.
Materiali e metodi
L’area di indagine comprende tutta la fascia costiera del Delta del Po veneto (Rovigo) (Figura 1).
Grazie alla presenza costante sul territorio dell’Associazione Sagittaria (www. sagittariarovigo.org), ai molteplici monitoraggi annuali effettuati e alla collaborazione con gli operatori del settore pesca, turismo e salvaguardia ambientale, si è riusciti a ottenere segnalazioni capillari sulla presenza del granchio blu in buona parte del territorio.
L’identificazione della specie è stata effettuata tramite materiale fotografico o, in caso di rilievo diretto, con lo studio in loco degli esemplari trovati (Figura 2 e 3).
L’inconfondibile morfologia di C. sapidus ha permesso di identificare la specie senza margini di errore, nonostante la segnalazione di altre specie di granchi nuotatori presenti in alto Adriatico (Charybdis sp.) (Froglia et al., 2017; Froglia et al., 2014; Mizzan, 1999).
I dati raccolti sono stati elaborati e sviluppati in software GIS per creare una mappa di distribuzione spaziale e temporale delle segnalazioni, discriminando i diversi habitat in cui la specie è stata catturata o ritrovata. In particolare sono state considerate: aree vallive, caratterizzate da ambienti privati chiusi collegati
con l’esterno principalmente da sifoni; aree lagunari, caratterizzate da ambienti di transizione eurialini; aree fluviali, caratterizzate da acqua dolce corrente influenzata solo minimamente dal cuneo salino; aree costiere, caratterizzate da salinità elevata ed ambienti aperti tipicamente marini.
Risultati
Da Luglio 2018 a Maggio 2021 sono state raccolte 40 segnalazioni tra esemplari catturati vivi ed esemplari spiaggiati. Nell’analisi dei dati non è stato considerato l’aspetto quantitativo (spesso le segnalazioni riguardano più esemplari); non si è preso in considerazione il numero degli esemplari catturati in quanto l’obiettivo dello studio era di determinare la distribuzione spaziale della specie senza considerare l’abbondanza, in quanto il metodo di raccolta dei dati non è stato ritenuto adeguato alla raccolta ed all’analisi del dato quantitativo.
In Figura 4 e 5 sono illustrati i dati divisi per anno a partire dal 2018.
In Tabella 1 si riportano i dati divisi per anno relativi alla presenza di C. sapidus ritenuti affidabili.
Nel riportare i dati in oggetto, è necessario specificare che le segnalazioni 2020 e 2021, a causa delle restrizioni alla mobilità dovute alla pandemia di Covid-19, sono relativamente poche rispetto alla potenziale presenza della specie oggetto di studio.
In figura 6 si è messo in relazione il periodo di ritrovamento con le segnalazioni relative sistemi lagunari costieri, ai rami del Po e alle Valli da pesca e da caccia con quelle avvenute lungo la linea di costa.
In figura 7, sono riportate le percentuali di catture nelle varie componenti ambientali oggetto di monitoraggio.
Discussione
Il granchio blu risulta segnalato per la prima volta in Mar Adriatico più di 70 anni fa, ma le segnalazioni della sua presenza stanno aumentando esponenzialmente negli ultimi anni. Se inizialmente la presenza risultava sporadica e dovuta al trasporto di singoli esemplari nelle acque di sentina delle navi, attualmente la situazione risulta cambiata, con esemplari segnalati durante tutto l’anno e in quantità rilevanti. Come evidenziato dai dati raccolti, la presenza di C. sapidus è segnalata in tutta la fascia costiera oggetto di studio, sia in ambiente lagunare che in mare.
La presenza nelle Valli da pesca e da caccia dell’area deltizia risulta un dato inedito sulla distribuzione della specie. Il dato risulta di particolare importanza in quanto molti di questi ambienti presentano habitat e specie di elevata qualità e di interesse conservazionistico (Verza &Trombin, 2012). La presenza del granchio blu è probabilmente veicolata dall’introduzione di acqua salata nei sistemi vallivi da sifoni situati nelle lagune.
A differenza di quanto riscontrato da Mizzan (1999) in laguna di Venezia, la presenza di questo crostaceo alloctono nell’area veneta del Delta del Po appare stabile e ubiquitaria. Questo suggerisce un’acclimatazione della specie tale da consentire la chiusura del ciclo biologico, come ipotizzato da Carrozzo et al. (2014). Questa specie è in grado di esplodere demograficamente in tempi molto rapidi, come successo in alcune aree della Penisola Iberica (FuentesRosùa et al., 2019), anche se attualmente in Mar Adriatico non sembra che l’espansione sia così rapida.
Seppure relativo ad un numero limitato di segnalazioni, il trend della presenza all’interno delle aree lagunari e vallive e sulla linea di costa riportato in figura 6, risulta in linea con la tendenza di questa specie a migrare verso il mare aperto durante i mesi più freddi per completare il ciclo vitale (Hines, 2003; Carr et al.,2004).
La presenza di C. sapidus risulta potenzialmente negativa per le attività di venericoltura presenti nell’area oggetto di studio, in quanto la specie è in grado di predare attivamente numerose specie di molluschi rompendone la conchiglia
grazie alla forza impressa dalle chele (Blundon et al, 1982a; Blundon et al., 1982b, Fantle et al., 1999). Oltre a studi pregressi sulla predazione diretta dei molluschi, di particolare rilevanza risultano le segnalazioni dei pescatori del luogo, impossibilitati a svolgere il lavoro con reti e cogolli in quanto C. sapidus, a causa delle sue dimensioni e morfologia, arreca danni consistenti agli attrezzi sopra citati.
La misura eventuale di gestione e di contenimento della specie di cui si è parlato negli ultimi anni è lo sfruttamento a scopo commerciale. La bontà delle carni e le dimensioni che molti esemplari raggiungono, fanno sì che C. sapidus sia un ottimo candidato per ritagliarsi una fetta di mercato importante nel comparto ittico delle aree in cui è presente (Mancinelli et al., 2017; Piras, 2019).
La modalità di raccolta dati, riconducibile alla citizen science, si è rivelata un ottimo strumento per il censimento di questa specie e risulta utilizzata anche da altri autori sia in campagne di monitoraggio (Cerri et al., 2019) che riguardo a segnalazioni puntuali. La collaborazione di stakeholders, addetti al settore e cittadini informati, ha permesso di compiere un primo passo verso la conoscenza e le implicazioni della presenza di questa specie nelle acque del Delta.
Vista la presenza costante e conclamata, risulta però consigliato attuare piani di monitoraggio più articolati e specifici. Valutare la situazione attuale e monitorare l’evolversi dei parametri legati alla biologia, ai parametri relativi al ciclo biologico e agli impatti su attività antropiche ed ecosistemi, è necessario al fine di attuare piani di gestione consoni e tempestivi qualora se ne dovesse rilevare la necessità.
Ringraziamenti
Si ringraziano per la collaborazione e le segnalazioni l’Associazione Culturale Naturalistica Sagittaria (Rovigo), Michele Zappaterra, Marco Boscaro, Mauro Pregnolato, Simone Zago, Enrico Vicentini, Maurizio Crepaldi, Giovanna Saltarin, Adriano Crocco, Gigi Florida Maistro, Marco Vicariotto, Remo Ruzza, Enrico Bergamin, Sandro Vettorello
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