Lista rossa della flora vascolare del Parco Regionale dei Colli Euganei (provincia di Padova, Italia nord orientale)

Attività SVSNBotanica e MicologiaLista rossa della flora vascolare del Parco Regionale dei Colli Euganei (provincia...

Riassunto

In questo elaborato vengono prese in considerazione le specie del territorio italiano, autoctone all’interno del Parco Regionale dei Colli Euganei, che negli ultimi decenni hanno dato prova di un significativo declino fino a raggiungere condizioni di forte criticità o che, pur non avendo manifestato rilevanti flessioni, per la loro effettiva rarità e per la vulnerabilità degli habitat in cui allignano, non raramente in stazioni puntiformi, possono, comunque, scomparire nel breve o nel medio periodo. A partire dalle opere degli autori del ‘500 viene fatta una rassegna delle principali segnalazioni di ritrovamenti di entità significative per le alture padovane, ora di Lista Rossa, avvenute nel corso dei secoli comprendente anche varie entità di cui attualmente mancano conferme.

Abstract

Red list of vascular flora of Parco Regionale dei Colli Euganei (province of Padua, N-E Italy)

This paper considers botanical species of the Italian territory, autochthonous to the Euganean Hills Regional Park, which in the last decades underwent a relevant decline up to reaching critical conditions, or which may disappear in the short to middle period even in the absence of any observed drop as a response to other factors, such as their actual rarity or the vulnerability of their habitats (usually punctiform stations). Starting from the works by 16th-Century authors, we review the most significant findings for the Paduan Hills reported through centuries, also including some entities not confirmed in the last 50 years of floristic survey.

Introduzione

I Colli Euganei sono un gruppo di origine vulcanica che non supera quote collinari (la massima quota è la cima di M. Venda, m 601 s.l.m.). Isolati nella pianura veneta centrale a sud-ovest di Padova, nel cui territorio provinciale ricadono quasi interamente, si estendono per 15.000 ettari e sono tutelati dall’omonimo Parco Regionale, il primo a essere istituito nel Veneto (1989).

La loro nascita, che risale a circa 35 milioni di anni fa, ha generato una struttura litologica molto particolare, caratterizzata dall’alternanza di rocce magmatiche (riolite, trachite, latite e basalto) e di rocce sedimentarie portate in superficie dagli eventi magmatici originari (scaglia rossa, maiolica, marne euganee o formazione di Torreglia). Questa grande varietà di substrati, unita alle notevoli differenze di irradiazione solare tra i versanti, favorisce la presenza di un grande numero di specie floristiche (circa 1600) e di ben differenziate comunità vegetali.

Nei versanti vulcanici esposti a mezzogiorno, con scarsa formazione di suolo, sono particolarmente diffusi e unici nel Veneto, pur in assenza di un vero clima con caratteristiche mediterranee, fitti e impenetrabili boschi a dominanza di Erica arborea e Arbutus unedo con i margini orlati da Cistus salviifolius (spesso parassitato da Cytinus hypocistis), Rubia peregrina, Asparagus acutifolius e Cotinus coggygria e dove, localmente, possono affermarsi anche Quercus ilex, Quercus pubescens e Phillyrea latifolia. La mediterraneità di questi consorzi ètestimoniata anche dalla presenza di alcune piante erbacee estremamente rare a nord del Po come, ad esempio: Achnatherum bromoides, Carex distachya, Carex olbiensis, Carex depauperata e Gastridium phleoides. Localmente, su versanti silicei con scarsa pendenza e non direttamente rivolti a sud, con sufficiente accumulo di suolo fertile, le cenosi a dominanza di sclerofille tendono a sfumare in boschi luminosi in cui rispetto a queste prende il sopravvento Q. pubescens, anche questi caratterizzati dai margini orlati solitamente da stenomediterranee come Asparagus Acutifolius, Cistus salviifolius, Gastridium phleoides e Rubia peregrina dove, tra le numerose specie presenti appaiono entità di grande interesse fitogeografico quali la subendemica Pulmonaria australis, l’illirico Muscari kerneri, l’endemico Teucrium siculum subsp. euganeum e altre specie molto significative per la flora veneta tra cui: Epipactis microphylla, Oglifa gallica, Peucedanum officinale, Silene gallica, Vicia cassubica, Vicia pisiformis e Viscaria vulgaris. Questi boschi, esclusivi dei Colli Euganei, attualmente in fase di studio, erano stati definiti provvisoriamente quali “querceti dei substrati magmatici con elementi mediterranei”, definizione ancora valida a livello strutturale ma che non affronta gli aspetti fitosociologici. Sui versanti soleggiati delle alture con suolo basico, prevalgono le formazioni a dominanza di Quercus pubescens, Ostrya carpinfolia e Fraxinus ornus (interpretabili come Buglossoido-Ostryetum: Buffa et al., in Blasi (ed.) 2010) dove, talvolta, compare anche Quercus cerris. Nelle chiarie e ai margini di queste cenosi forestali crescono numerose orchidacee: Anacamptis papilionacea, Barlia robertiana, Serapias vomeracea, Epipactis atrorubens, E. muelleri, Limodorum abortivum, Ophrys insectifera, Orchis purpurea e O. simia. Nei ripidi versanti silicei settentrionali prevalgono i castagneti, a volte ricchi in Fagus sylvatica e Tilia cordata, ma quando si crea un buon accumulo di suolo si dissolvono progressivamente in boschi dove si afferma Quercus petraea (Melampyro vulgatiQuercetum-petraee: Buffa et al., in Blasi (ed.) 2010) e negli impluvi, in presenza di una buona umidità edafica, in formazioni a dominanza di Carpinus betulus e Acer pseudoplatanus (espressione di Erythronion- Carpinion), dove sono presenti anche Quercus robur, Ulmus glabra e Acer platanoides e in cui abbondano le pteridofite, tra le quali varie entità del genere Dryopteris e il rarissimo Struthiopteris spicant. In questi peculiari ambienti si possono osservare numerose specie francamente nemorali come, ad esempio: Anemonoides nemorosa, Anemonoides ranunculoides, Carex pilosa, Cardamine pentaphyllos, C. enneaphyllos, Epimedium alpinum, Erythronium dens-canis, Gagea lutea, Helleborus viridis, Hepatica nobilis, Leucojum vernum, Pulmonaria officinalis, Scilla bifolia e Vinca minor. Anche Gagea spathacea, una liliacea centro e nord-europea, in Italia esclusiva del Friuli Venezia Giulia, del Veneto e dell’Emilia Romagna, può partecipare a questi consorzi e formare localmente, pur fiorendo raramente, fitte popolazioni per via vegetativa. Rarissima e localizzata si può osservare inoltre Campanula cervicaria una specie in Veneto esclusiva dei colli padovani. Dove i boschi originari sono stati eliminati, in varie zone si sono progressivamente insediati vasti robinieti, cenosi che ospitano tratti di Lamio arvalae-Sambucetum nigrae. Molto fragili sono gli ambienti umidi in quota, quali sorgenti, prati igrofili e subigrofili, cascatelle e pozze permanenti, dove crescono entità estremamente significative per i gruppi collinari prealpini come, ad esempio: Agrostis canina subsp. canina, Anacamptis laxiflora, Carex divisa, C. leporina, Epipactis palustris, Juncus capitatus, J. conglomeratus, Ludwigia palustris, Lysimachia minima, Lythrum hyssopifolia, Mentha pulegium, Montia arvensis, Ophioglossum vulgatum, Osmunda regalis, Peplis portula, Psammophiliella muralis, Pulicaria vulgaris, Salix apennina e Succisa pratensis. Si tratta di ambienti solitamente di ben modesta estensione, difficili da rilevare, ma straordinariamente importanti per il contributo alla biodiversità e veri rifugi elettivi per entità della fauna invertebrata. Di notevole interesse conservativo sono anche le cenosi che si sviluppano nei tratti poco declivi dei rii collinari in cui si accumula sedimento fine e dove l’acqua, mai vigorosamente corrente, è soggetta a notevoli variazioni di flusso durante le stagioni, talvolta fino a quasi l’interruzione in estate (Nasturtio-Glycerietalia), dove si possono osservare soprattutto: Berula erecta, Cyperus longus, Epilobium parviflorum, Glyceria fluitans, Glyceria notata, Nasturtium officinale, Scrophularia umbrosa e Veronica anagallis-aquatica. A valle, nelle aree racchiuse tra le propaggini dei rilievi, infine, dove la corrente si indebolisce o si ferma e la profondità delle acque aumenta, si insediano comunità composte da specie sommerse radicanti tipiche del Potamion pectinati (in contatto con le comunità del Nympheion albae della pianura perieuganea) come, ad esempio: Myriophyllum spicatum, Potamogeton berchtoldii, Potamogeton crispus, Potamogeton lucens, Potamogeton pectinatus, Potamogeton perfoliatus e Vallisneria spiralis a cui si uniscono, ormai molto rare e localizzate, Ceratophyllum submersum, Hottonia palustris, Marsilea quadrifolia e Sagittaria sagittifolia. Nelle zone a substrato sedimentario, specialmente nel settore meridionale, dove l’eliminazione dei boschi di roverella ha origini antiche, si conservano zone prative secondarie, derivate dall’abbandono pluridecennale dei coltivi, sviluppate per complessivi 230 ettari, sovente compenetrate da estesi cespuglieti di neoformazione. In esse alligna un grande numero di specie erbacee, tra cui varie mediterranee e sud europee, alcune esclusive dei Colli Euganei o molto rare in Veneto come, ad esempio: Allium longispathum, A. pallens, A. cyrilli, A. rotundum, Ammoides pusilla, Anchusa azurea, Bombycilaena erecta, Calendula arvensis, Eryngium amethystinum, Eryngium campestre, Legousia hybrida, Linum tenifolium, Ononis reclinata, Orobanche crenata, Pallenis spinosa, Reichardia picroides, Stachys montana, Thymelaea passerina e Trigonella gladiata. Fanno parte di questa compagine e anche due entità, di grande importanza sotto il profilo fitogeografico quali Delphinium peregrinum e Haplophyllum patavinum: la prima una sud europea presente in Italia esclusivamente sui Colli Euganei, in Lombardia e in Molise; la seconda un’illirica che incontra sui rialzi padovani, punto unico nella Penisola, l’estremo avamposto di penetrazione a ovest. Numerose sono le orchidacee qui ospitate, alcune come Anacamptis morio, A. pyramidalis, Himantoglossum adriaticum, Neotinea tridentata, Ophrys bertolonii subsp . benacensis, O. sphegodes, Orchis purpurea, O. simia e Spiranthes spiralis, localmente comuni o formanti qualche folto nucleo e altre come Ophrys apifera, O. holosericea, Orchis militaris e ancora Barlia robertiana rare o molto rare. Questi ambienti da ascrivere all’ordine Brometalia erecti, però senza uno sfalcio periodico evolvono dal prato-cespuglieto verso la boscaglia termofila, con l’affermazione di essenze come Fraxinus ornus, Juniperus communis, Cercis siliquastrum, Paliurus spina-christi e Pistacia terebinthus a cui si accompagnano due alloctone invasive come Spartium junceum e Ailanthus altissima. Di notevole interesse sono sicuramente le formazioni erbose delle rupi con varie specie dell’Alysso-Sedion albi. Queste, però, sono esclusive di balze di natura silicatica, in quanto sui Colli mancano zone rocciose calcaree vere e proprie. Tra le entità notevoli per il Veneto sono da menzionare: Paragymnopteris marantae, Asplenium obovatum subsp. billotii (Masin et al. 2008), Sedum rubens, Anogramma leptophylla, Sempervivum arachnoideum e Asplenium foreziense. Contigue ai dirupi magmatici, esclusivamente nel gruppo del M. Ceva, solitamente ai margini della boscaglia a prevalenza di Paliurus spina-christi, o in continuità con bassi cespuglieti a dominanza di Cistus salviifolius, su suolo molto ricco in scheletro, uniche nella nostra regione, si aprono ampie radure dove crescono numerosissime specie erbacee, tra cui alcune mediterranee molto inconsuete nelle alture venete: Allium sardoum (Masin & Ghirelli 2003) Anacamptis papilionacea, Centaurea solstitialis, Colchicum lusitanicum, Cruciata pedemontana, Delphinium fissum, Filago arvensis, Hypochaeris glabra, Lathyrus annuus, Lathyrus oleraceus subsp. biflorus, Loncomelos pyrenaicus subsp. sphaerocarpus, Lotus angustissimus, Medicago truncatula, Prospero autumnale, Romulea ligustica, Serapias vomeracea, Trifoliumglomeratom, T. pallidum e T. subterraneum, a cui si uniscono due sud europee molto rare nella nostra regione quali sono Verbascum phoeniceum e Achillea tomentosa. Tra le specie di valore fitogeografico di queste cenosi va sicuramente ricordata anche Berteroa incana un’eurasiatica in Veneto esclusiva degli Euganei e in Italia molto rara e presente unicamente al Nord. Molto localizzate, poco estese, legate ad alcuni stagni e sorgenti in quota con allagamenti circoscritti e ai grandi impluvi di alcuni rii perenni sono, infine, i boschetti con forte presenza di Alnus glutinosa all’interno dei quali, talvolta, si può osservare copiosa Dactylorhiza maculata subsp. fuchsii. Di sicuro valore vegetazionale, sempre per gli ambienti umidi dei rilievi del Veneto, sono le formazioni con forte presenza o a dominanza di Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa, stanziate su vulcaniti, all’interno di impluvi con falda freatica costante, che si affermano soprattutto nell’estremo settore orientale. Nelle zone torbose piedi delle alture permangono alcuni lembi di suolo periodicamente sommersi dove crescono entità divenute rarissime e fortemente minacciate di estinzione in tutta la Pianura Padana, come: Schoenoplectiella supina, Peplis portula e Ludwigia palustris alle quali si unisce Spergularia marina una cariofillacea propria dei litorali salsi, alla base dei Colli osservata per secoli sulle fanghiglie leggermente saline accumulate attorno a sorgenti termali e, fino alla scorsa estate, unitamente ad altre alofile, ritenuta estinta a causa delle bonifiche del primo ’900.

Area di indagine

L’indagine sulle specie di Lista Rossa riguarda l’intera area del Parco Regionale dei Colli Euganei che si estende per 18.694 ettari. L’istituzione dell’Ente Parco risale al 10 ottobre 1989, in virtù della Legge Regionale n. 38. Il territorio è interamente compreso in provincia di Padova e racchiude, totalmente o in parte 15 comuni: Abano Terme, Arquà Petrarca, Baone, Battaglia Terme, Cervarese S. Croce, Cinto Euganeo, Este, Galzignano Terme, Lozzo Atestino, Monselice, Montegrotto Terme, Rovolon, Teolo, Torreglia e Vò. La cima più alta è il M. Venda che si eleva fino ai 601 metri. La seconda vetta è il M. della Madonna che arriva a 533 metri. Altre sei: il M. Vendevolo, il M. Grande, il M. Baimonte, il M. Cero, il M. Ventolone e il M. Rua superano i 400 metri; una settima, il M. Rusta, li lambisce. Gli abitanti totali dei comuni ammontano a circa 97.000 la cui maggioranza è concentrata negli abitati di pianura, alcuni dei quali esclusi dall’area protetta. In tutto il territorio le dinamiche legate allo sviluppo economico, come le bonifiche integrali e la messa a coltura intensiva delle vaste zone paludose pedecollinari ultimate durante i primi decenni dello scorso secolo, gli enormi squarci prodotti dalle escavazioni di materiale litico divenuti numerosissimi nel Secondo dopoguerra e le espansioni degli abitati a scopo produttivo e residenziale hanno drasticamente mutato il paesaggio provocando, soprattutto in pianura, l’estinzione di numerose specie di grande rilievo fitogegrafico. Una tappa fondamentale in direzione della tutela del territorio è stata la legge n. 1097 del 29 novembre 1971 sulla regolamentazione delle cave che, vincendo la forte opposizione degli imprenditori del settore, poneva un forte limite alla produzione di materiale litico. Un secondo e fondamentale momento è stato l’inserimento del Parco all’interno delle zone di protezione speciale della Regione del Veneto, istituite nell’ambito del progetto europeo Natura 2000, che ha dato dell’Ente Parco la possibilità di effettuare vari interventi di tutela all’interno delle aree a elevata biodiversità corrispondenti ai criteri stabiliti dalla normativa europea (SIC). Sulla base di un incarico che vedeva lo scrivente come referente per l’indagine floristica nell’ambito ufficiale delle azioni di salvagurdia, è iniziato uno studio capillare sul territorio che, confrontando i risultati delle esplorazioni avventute in passato, ha permesso di valutare lo status attuale di tutte le entità presenti e di redigere, dopo un ventennio di intensa attività, la Lista Rossa della flora del Parco Regionale dei Colli Euganei.

Materiali e metodi

L’idea di quantificare le piante che sugli Euganei sono in sofferenza è nata dopo la consultazione dei principali lavori usciti sul tema liste rosse: Conti et al.,1992; Conti et al., 1997; Pignatti et al., 2001; Scoppola et al., 2005; Bilz et al., 2011; Rossi et al., 2013. Il grado di rischio è stato valutato seguendo i criteri proposti dall’Unione Internazionale per la conservazione della natura (IUCN, 2001; IUCN, 2003; IUCN, 2012a; IUCN, 2012b; IUCN, 2013) che vengono applicati a livello globale, ma adottando una scala a livello locale. Date le difficoltà, però, incontrate compiendo questo passaggio, sicuramente le valutazioni qui riportate possono contenere elementi di soggettività ed è certamente possibile che con un affinamento dei criteri di indagine in futuro si possano rivedere.

Le categorie di rischio IUCN sono 11:

EX (Extinct) Estinta, applicata alle specie per le quali si ha la definitiva certezza che anche l’ultimo individuo sia scomparso;

EW (Extinct in the Wild) Estinta in ambiente selvatico, attribuita alle specie delle quali non esistono più popolazioni naturali ma solo individui in cattività;

EN (Endangered) Minacciata, assegnata a specie a elevato rischio di estinzione in natura;

VU (Vulnerable) Vulnerabile, ascritta a specie considerate a rischio di estinzione in natura;

NT (Near Threatened) Quasi a rischio, attribuita a specie prossime ad essere considerate a rischio e che, in assenza di adeguate misure di protezione, corrono il pericolo di diventare minacciate in un futuro prossimo;

LC (Least Concern) Minor preoccupazione, adottata per le specie che non rischiano l’estinzione nel breve o medio termine;

DD (Data Deficient) Dati insufficienti, attribuita a specie per le quali non si hanno dati sufficienti per una valutazione adeguata del livello di rischio;

NE (Not Evaluated) Non valutata, applicata a specie non ancora valutate con la metodologia IUCN. A queste si sommano due categorie non ancora ufficializzate dall’IUCN, ma che vengono aggiunte alla categoria CR, utilizzate per entità probabilmente già estinte ma non con assoluta certezza:

PE (Critically Endangered Possibly Extinct) Probabilmente estinta;

PEW (Critically Endangered Possibly Extinct in the Wild) Probabilmente estinta in natura.

Le categorie di minaccia sono ordinate secondo un rischio crescente, a minor rischio o rischio molto elevato e si basano su vari parametri tra cui le condizioni dell’ambiente in cui la specie si trova, l’antropizzazione del territorio, il mutamento degli habitat naturali e l’andamento climatico. L’IUCN, nel suo sistema di valutazione, stabilisce cinque criteri (ciascuno diviso in sottocriteri) per includere una specie nella Lista Rossa: A – popolazione in declino; B – distribuzione ristretta in declino; C – piccola popolazione in declino; D – distribuzione molto ristretta o popolazione molto piccola; E – analisi quantitativa del rischio di estinzione. Il criterio A si basa sulla velocità di declino della popolazione della specie considerata, indipendentemente dal numero iniziale conosciuto e presuppone la conoscenza dell’andamento demografico della specie monitorata durante il decennio precedente. Il criterio B si basa sulle dimensioni dell’areale geografico di distribuzione di una specie rapportato alla discontinuità territoriale delle sue popolazioni, alla contrazione del numero di individui e al deterioramento dell’habitat. Il criterio C contiene i medesimi principi del secondo ma si applica a popolazioni inferiori ai 10000 individui, in cui viene presa in considerazione anche l’oscillazione nel tempo del numero di individui maturi. Il criterio D si applica alle specie con popolazione o con areale di diffusione molto piccoli che, pur non manifestando un evidente regresso, sono a rischio per il basso numero di individui che giungono a completa maturazione. Il criterio E si basa sulle probabilità di estinzione di una specie a livello quantitativo, stimate per un determinato lasso di tempo, che si determinano attraverso modelli tra cui, ad esempio, l’analisi della vigoria di una popolazione fondata su simulazioni del trend demografico. Per ciò che riguarda il mondo vegetale il criterio più efficace, secondo quanto appare in letteratura, è il criterio B. Le difficoltà incontrate nell’applicazione ordinaria dei criteri IUCN ci hanno portato a scegliere anche una modalità non esattamente conforme alle procedure IUCN, ma il più vicina possibile per un piccolo territorio come quello del Parco. Quella più adatta al nostro caso ci è sembrata la metodologia elaborata nella Lista rossa regionale delle piante vascolari (Buffa et al., 2016), la quale considera come elementi nodali per l’attribuzione del livello di rischio ai vari taxa il numero di stazioni, la consistenza della popolazione, l’andamento demografico e la vulnerabilità dell’habitat. A questa elaborazione, esplicata attraverso uno schema grafico che riportiamo integralmente (tab. 1) quindi, corrisponde la valutazione del rischio delle specie dei Colli, prese in considerazione nel presente lavoro. Alcune discrepanze rispetto all’inserimento di un taxa in una categoria di rischio, in rapporto a quanto appare nella pubblicazione regionale o il mancato inserimento di alcuni altri, si devono a nuove stime basate su un ulteriore approfondimento delle indagini rispetto al 2016. Per le specie non incluse nella Lista rossa regionale, in quanto non significative a livello veneto, ma sicuramente da includere in una categoria di rischio, per gli Euganei e il Parco, è stata adottata la medesima regola ed è sempre quanto elaborato in Buffa et al., 2016 la base di riferimento.

Cenni sui ritrovamenti di specie notevoli avvenuti sui Colli Euganei tra il XVI e il XXI secolo

Quando, alla seconda metà degli Anni ’90 dello scorso secolo, sulla base di un progetto di Cartografia floristica del Veneto ideato dalla Società Botanica Italiana iniziava un’importante attività esplorativa di tutto il territorio regionale, le conoscenze sulla flora euganea, rapportate allo stesso periodo, apparivano molto scarse ed estremamente generiche. Un lavoro capace di comprendere lo stato attuale del patrimonio botanico dei Colli, date le grandi trasformazioni avvenute nei secoli, quindi, non poteva prescindere da un’analisi accurata della letteratura storica. È stato proprio partendo da questo studio che, dopo un grandissimo numero di escursioni e quindi di una approfondita conoscenza degli ambienti in cui le specie sono state storicamente individuate, è stato possibile dare una valutazione veritiera sullo status di quasi tutte le entità osservate e, in particolare, di un notevole numero di specie rare di cui si ignorava la distribuzione reale.

Alcuni esempi, presi tra queste ultime, sono estremamente significativi dal punto di vista fitogegrafico. Acnatherum bromoides, una poacea stenomediterranea, a nord del Po rarissima e presente solo nelle estreme regioni orientali, in Veneto era conosciuta come segnalata esclusivamente da Romano (1823) per Galzignano e mai più citata in seguito; sulla base di questa indicazione è stata lungamente ricercata e ritrovata proprio a Galzignano in una stazione puntiforme sul M. Cimisella in mezzo a un fittissima boscaglia di erica arborea e corbezzolo (Masin, Tietto, 2005) e successivamente, attraverso esplorazioni mirate, sul M. Ventolone e sul M. Castello di Calaone in condizioni ecologiche analoghe. Paragymnopteris marantae subsp. marantae un’entità rarissima nel Settentrione, indicata da Béguinot (1909-14) come “localizzata in poche stazioni dei Colli

tabella

Tab. 1 – Schema con i criteri utilizzati per definire le categorie di rischio (Buffa et al, 2016).

Euganei” a seguito di segnalazioni generiche di Beggiato (1833), De Zigno (1833) e Trevisan (1840), sulle indicazioni di Spranzi per S. Pietro Montagnon (cit. in: Béguinot, 1909-14), su quelle per Montegrotto di Camus (cit. in: Béguinot, 1909-14), su quelle per i dintorni di Torreglia di Pampanini (cit. in: Béguinot, 1909-14) e sulla base dei propri ritrovamenti per il M. Ceva; grazie alla conoscenza capillare del territorio, seguita all’esplorazione di tutte le zone rupestri presenti, infatti, ora è diventato chiaro che tutte le indicazioni storiche generiche, compresa quella antica di Cortuso (1591), in realtà si sono sempre riferite al M. Ceva, l’unico sito dei Colli in cui realmente cresce la rara pteridacea. Carex olbiensis, una stenomediterranea accertata al Nord, oltre che in Liguria solo sugli Euganei, indicata da Fiori & Paoletti (1896-1909) per il M. Ceva, da var ricercator che in seguito hanno visitato  Coll era stata considerate estinta; indagin mirate hanno permesso, invece, l’individuazione d popolazion consistenti sul M. Ceva, sul vicino M. Spinefrasse, sul M. Trevisan e sul M. Cimisella. Per per avere un quadro attendibile dello status attuale d queste e d numerose altre specie, una ricerca sull’esplorazione floristica avvenuta durante  secol si rivelava quind necessaria. Citazion d ritrovament d entità molto rare, alcune d grande interesse fitogeografico e in Veneto esclusive degl Euganei, risalgono, infatti, già al ’500. Diverse d queste, come la grande maggioranza d quelle menzionate come ritrovate durante  secol successivi, ora fanno parte dell’elenco delle specie attualmente considerate d Lista rossa. Il primo autore che accenna alla flora euganea è Squalerno Anguillara, il primo Prefetto dell’Orto Botanico d Padova, il quale, in un suo lavoro (Squalerno Anguillara, 1561), tra le varie specie de Coll ne indica tre d caratteristiche: Arbutus unedo, Pistacia terebinthus e Trigonella gladiata una stenomediterranea, nel Triveneto esclusiva degl Euganei, riaccertata solo dopo tre secol da Rigo (cit. in: Béguinot, 1909-14) e d cui, solo ora, dopo ricerche pluriennali, è stato possible definire correttamente la distribuzione nel territorio e lo status. Contemporaneo d Anguillara è Michiel il quale lascia un codice erbario (Michiel, 1553-65) dove compaiono: Achillea tomentosa, Hypericum androsaemum, Carpesium cernuum e Cistus salviifolius. Sempre durante il XV secolo, opera anche Cortuso custode- direttore dell’Orto Botanico il quale, nell’elenco delle piante iv coltivate (Cortuso, 1591) include varie entità d provenienza euganea tra cu Cytinus hypocistis. D qualche decennio più tardive sono le esplorazion de fratell svizzeri Bauhin. A Bauhin (1658) è dovuta la segnalazione per la zona termale pedecollinare d tre specie caratteristiche de suol sals o subsals de margini della Laguna ora scomparse dal distretto euganeo: Carex extensa, Schenkia spicata e Juncus acutus; da Bauhin (1651) deriva, invece, la prima indicazione di Podospermum laciniatum e d Gratiola officinalis. Nel periodo a cavallo tra il ’600 e il ’700  Coll destano l’interesse d var studiosi, tra cu Zannichell e Vallisneri. Il primo, in un lavoro uscito un decennio dopo la sua morte (Zannichelli, 1730) lascia anche un interessante elenco d entità osservate sugl Euganei, tra le quali: Hymantoglossum adriaticum, Lycopus exaltatus, Veronica angustifolia, Anchusa officinalis, Gentiana cruciata (attualmente scomparsa), Jacobaea paludosa, Sporobolus aculeatus (ora non più presente nella zona termale) ed Echinops sphaerocephalus subsp. sphaerocephalus. Il secondo nelle sue opere complete, apparse postume (Vallisneri, 1773) cita varie piante alofile osservate lungo i rii termali di Abano, tra cui anche specie appartenenti al genere Salicornia ora presenti solo nella zona lagunare. Di poco successiva è la scoperta, da parte di Micheli (1729; 1748) di una delle specie più rappresentative della flora euganea, la “Pseudo-ruta patavina trifolia, floribus luteis umbellatis” cioè la “famosa” ruta padovana (Haplophyllum patavinum). All’inizio del XIX secolo le alture padovane vengono visitate da Von Sternberg (1806a; 1806b) il quale, tra le specie ora molto rare cita: Anacamptis laxiflora, Euphorbia palustris e Polypogon monspeliensis; l’ultima, ora, in gravissimo pericolo di estinzione a causa della recentissima distruzione, alla base del M. Ricco, dell’unico sito in cui cresceva ancora copiosa. Perdute per il comprensorio euganeo risultano invece Tuberaria guttata e Cistus laurifolius entrambe da questi raccolte in origine. Di poco successive sono le indicazioni da parte di Pollini di varie entità attualmente rare o molto rare all’interno del Parco tra cui (Pollini, 1822-24): Salvinia natans, Anacamptis coriophora, Schoenus nigricans, Epipactis helleborine, Cephalanthera rubra e Najas minor. Un notevole balzo nella conoscenza della flora euganea, qualche anno dopo, è dovuto a Romano. Nei manoscritti che questi dà alle stampe viene citata, senza precise indicazioni delle località di provenienza, larga parte delle specie attualmente conosciute per il Padovano tra le quali, alcune molto infrequenti, osservate sicuramente sui Colli. Sono tra esse (Romano (1923;1928a;1928b) Fibigia clypeata subsp. clypeata, Jacobaea erucifolia s.l., Senecio nemorensis subsp. glabratus, Campanula cervicaria, Paeonia officinalis, s.l., Achnatherum bromoides, Viscaria vulgaris subsp. vulgaris, Selinum carvifolia, Pulmonaria australis, Laserpitium prutenicum, Agrostis canina subsp. canina, Stachys germanica subsp. germanica, Epipactis microphylla e altre ora scomparse nel territorio del Parco ma di cui, storicamente, la presenza è documentata come, ad esempio, quella di Cerastium dubium, Oplismenus undulatifolius, Helichrysum italicum, Sedum villosum, Asperula taurina subsp. taurina, Herniaria glabra, Lathyrus linifolius, Moenchia mantica e Neslia paniculata. Di notevole importanza sono, per l’attuale conoscenza della flora euganea, le raccolte e le testimonianze d’erbario (cit. in: Béguinot, 1909-1914) di G. Zanardini, tra cui quelle per Papaver argemone, Lindernia procumbens (ora scomparsa dai Colli e in Veneto accertata solo per il Veronese), Trifolium hirtum, Pulicaria vulgaris e Trifolium pallidum. Di sicura rilevanza per l’epoca è anche l’apporto di De Visiani; sono suoi, infatti, i ritrovamenti di un numero non piccolo di entità, delle quali (De Visiani, 1825): Salvia verticillata, Gentiana pneumonanthe (da poco scomparsa dai Colli), Teucriun siculum subsp. euganeaum (endemica delle alture padovane) e Lathyrus nissolia (ora non più presente sugli Euganei e in Veneto estinta quasi ovunque), sono tra le più significative.

Non di poco conto è anche l’apporto di Beggiato il quale, in una sua pubblicazione, tra i vari ritrovamenti (Begg iato, 1833), annota quelli di Eryngium campestre, Sporobolus schoenoides, Ophrys insectifera, Asarum europaeum, Puccinellia distans subsp. distans, Ophrys holosericea, Hypericum humifusum, Puccinellia fasciculata subsp. fasciculata, Alopecurus pratensis, Carex umbrosa e Thelypteris palustris. Le ultime cinque, ora mancano dai Colli, ma si osservano ancora qua e là in altre zone della provincia di Padova. Beggiato è anche uno dei primi botanici a cimentarsi con il mondo delle pteridofite; queste, però, trovano una prima vera elencazione solo da parte di De Zigno. In essa l’autore si richiama genericamente al Padovano ma, ovviamente, il punto principale di riferimento non può che essere identificato nelle alture. Tra le varie specie che questi indica ce ne sono alcune di rare e localizzate (De Zigno, 1833): Osmunda regalis, Ophyoglossum vulgatum, Cystopteris fragilis e Selaginella helvetica. Pur, talvolta, scarsamente documentato e con varie indicazioni errate, sicuramente non marginale è l’apporto di poco posteriore di Trevisan, il quale pubblica una completa rassegna delle specie fino a quel momento indicate per la provincia di Padova. Si deve a proprio a lui, ad esempio (Trevisan, 1842), la prima segnalazione di Schoenoplectiella supina, Montia arvensis, Ceratophyllum submersum subsp. submersum, Asperugo procumbens ed Epipactis microphylla, tutte entità ora in forte criticità sui Colli e di Turgenia latifolia, ora scomparsa. Poco significativo per la conoscenza della flora euganea è il contributo di Bertoloni di ma è sicuramente da ricordare, tra le specie dei Colli che questi riporta nei suoi lavori, l’indicazione per il Colle di Lispida (Bertoloni, 1858) di Asplenium cuneifolium (sulla base di un esemplare inviatogli da Majer, ora introvabile) una felce propria dei serpentini, da vari botanici in seguito ricercata senza riscontri e da identificare, con ogni probabilità, con la congenere Asplenium obovatum subsp. billotii un’entità in Italia presente soprattutto nelle regioni che gravitano sul Tirreno e nel Triveneto osservata esclusivamente sullo stesso Colle, sui massi trachitici dei muretti a secco (Masin et al, 2008). Successivamente sarà Bizzozero a intraprendere una fruttuosa esplorazione delle alture padovane. Sono dovute a lui numerose scoperte (Bizzozero 1879; 1882- 1883a; 1882-1883b) tra cui quelle di Drabella muralis, Bupleurum lancifolium, Epilobium lanceolatum, Campanula spicata, Anogramma leptophylla, Asplenium foreziense, Muscari kerneri e Allium angulosum. Sempre a Bizzozero è dovuta la prima segnalazione per i Colli di Asperula arvensis una rubiacea che predilige i suoli sarchiati, ritenuta comune all’inzio del ’900 (Béguinot, 1909-14) e che ora, a causa delle moderne tecniche colturali, risulta scomparsa in tutto il Veneto (Buffa et al, 2016). Di rilievo è anche il contributo di Ugolini che si concretizza, ad esempio, con il ritrovamento (Ugolini, 1897) di Hydrocharis morsus-ranae, Sagittaria sagittifolia e Succisa pratensis. Non meno significativi, per le specie ora a rischio, sono gli apporti di Fiori (1923-1929) e di Fiori & Paoletti (1896-1908) con Peplis portula, Gagea spathacea, Carex distachya, Carex leporina e Carex olbiensis. Agli inizi del nuovo secolo, emerge la figura di Béguinot. Questi esplora larga parte del Veneto e pubblica vari lavori tra cui il più completo e articolato scritto sulla flora mai apparso per i Colli e il Padovano, frutto di anni di studi e di ricerca nel territorio, contenente una minuziosa elencazione delle opere edite e dei ritrovamenti avvenuti in precedenza (Béguinot, 1909-1914). Se in termini numerici il suo concorso, per ciò che riguarda la scoperta di entità nuove per gli Euganei è modesto, interessante sicuramente lo è sotto il profilo fitogeografico. A lui si deve, infatti, il ritrovamento di Delphinium fissum subsp. fissum e di Osyris alba. Un nuovo apporto all’esplorazione floristica del territorio del Parco viene dato solo durante il settimo e l’ottavo decennio del secolo da Mazzetti (1987) che segnala la presenza di due orchidacee: Ophrys bertolonii subsp. benacensis e Gymnadenia conopsea. Sempre riguardo alle orchidacee è da tenere in considerazione il lavoro di Paolucci (1994), nel quale vengono riportate: Epipactis atrorubens ed Epipactis muelleri. Di quattro anni successiva alla pubblicazione di Paolucci è l’indicazione da parte di Villani e Bracco (1998) di una rara apiacea: Smyrnium perfoliatum subsp. perfoliatum. Sempre alla fine del secolo verrà data alle stampe la nota sul ritrovamento di Ammoides pusilla, (Tornadore et al., 1999) un’apiacea nuova per il Nord Italia osservata da Masin durante un lavoro di Cartografia floristica. Tra il 2001 e il 2003 (Masin & Ghirelli, 2001; 2003) vengono individuate parecchie entità nuove per le alture padovane, tra cui: Epipactis palustris, Allium sardoum, Gastridium phleoides, Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa e Lysimachia minima. Di poco successiva è una pubblicazione (Todaro et al., 2003) in cui vengono segnalate altre nuove specie per i Colli tra cui: Utricularia australis, Gladiolus palustris e Paeonia mascula subsp. mascula. Tra il 2005 e il 2006, precedute da varie note su riviste scientifiche riguardanti singole entità, appaiono due ulteriori pubblicazioni (Masin & Tietto, 2005; 2006) dove vengono segnalate come nuove per il Parco e il Padovano varie entità tra cui: Dittrichia viscosa, Rostraria hispida, Rumex palustris, Nasturtium microphyllum, Allium cyrilli (sub. Allium nigrum), Salix apennina, Euphorbia esula s.l., Vicia pisiformis, Silene viridiflora, Cardamine flexuosa, Verbascum alpinum, Mercurialis ovata, Chamaenerion angustifolium, Bromopsis ramosa e Juncus capitatus. Grazie al procedere ininterrotto delle esplorazioni, durante gli anni successivi, si arriva all’individuazine di parecchie piante molto rare, tra cui: Romulea ligustica (Scanferla et al, 2011), Bolboschoenus latycarpus, Paeonia officinalis L. subsp. officinalis, Valeriana officinalis L. subsp. nemorensis (Masin, 2015), Barlia robertiana (Crivellaro, Doro, com. pers.), Struthiopteris spicant e Phegopteris connectylis (Masin, 2017; Masin & Tasinazzo, 2017). Di sicuro interesse sono, infine, da considerare le indicazioni di due specie nuove per la scienza descritte da Dunkel (2010a; 2010b) in seguito a ritrovamenti effettuati durante un’escursione condotta insieme a Masin: l’endemico Ranunculus mediogracilis e il subendemico Ranunculus cochlearifer. Recentissime sono le scoperte di Veronica cymbalaria, di Carex humilis e di Onopordum illyricum; l’ultima, però, pur rilevata sul M. Ceva, la zona più calda dei Colli, è da considerare quale probabile avventizia. Del tutto inaspettatamente, infine, un appezzamento torboso a ridosso delle sorgenti calde di Galzignano ha restituito copiosa Spergularia marina, una tra le piante alofile un tempo diffuse alla base delle alture, ma nella quasi totalità scomparse a causa della bonifica integrale delle aree depresse dove ristagnava l’acqua termale leggermente salina che ne favoriva la diffusione. A quest’ultima si univa copiosissima Spergularia bocconei una specie di cui mancano testimonianze per l’entroterra veneto. Numerose tra le piante prese in rassegna, sono elementi preziosi del patrimonio naturalistico, non solo del Veneto, ma di tutta l’Italia Settentrionale. Purtroppo non poche sono a fortissimo rischio di scomparsa; occorre, quindi, predisporre con urgenza un adeguato piano di tutela.

Elenco delle specie di Lista Rossa del Parco Regionale dei Colli Euganei

Tab. 2 – La nomenclatura scientifica fa riferimento a Bartolucci et al., 2018 e a Galasso et al., 2018.

Discussione

Le indagini sulla flora dei Colli Euganei, compiute nell’arco di un trentennio, hanno portato al ritrovamento di 1592 entità vascolari che equivalgono all’87% dell’intero numero osservato nella provincia di Padova nello stesso periodo, cioè 1827 taxa. Le entità autoctone presenti all’interno del Parco sono 1200 e corrispondono al 76% dell’intera flora vascolare. Sono presenti sui Colli altre 45 specie proprie della flora italiana ma in provincia di Padova queste vanno consideratate solo come naturalizzate, casuali o presenti in rapporto a un ripetuto utilizzo agricolo o ornamentale. Sono tra esse, ad esempio: Lychnis coronaria e Delphinium ajacis per il primo gruppo, oppure Ecballiun elaterium, Glebionis coronaria e Lobularia maritima per il secondo e il terzo. Le alloctone (naturalizzate, invasive o casuali), alcune come: Centaurea cyanus, Agrostemma githago, Papaver argemone, Papaver dubium e Gladiolus italicus, divenute molto rare in varie parti d’Italia, sono 321 e rappresentano il 20% della flora euganea. Quest’ultimo dato, però, confrontato con quello della bassa Pianura Veneta dove, in varie zone, la presenza delle forestiere supera abbondantemente il 30%, indica chiaramente l’effetto barriera che gli ambienti naturali delle alture hanno nei confronti del degrado ambientale causato dalle attività umane. Purtroppo, però, i Colli, grazie alla fortissima antropizzazione, diventano sempre più esposti. Rilevante e davvero allarmante in questo senso, è il fatto che, negli ultimi 15 anni, di ben 25 specie molto significative per la flora del Parco si sono perse le tracce ed è molto probabile che per la maggior parte di esse, tra cui quasi sicuramente Tripolium pannonicum, Hippuris vulgaris e Chenopodium opulifolium, sia giunto il punto di non ritorno. Delle 573 entità considerate nella Lista, inoltre, ben 203 (CR) sono in pericolo critico, 42 (EN) sono a rischio, mentre 125 vulnerabili (VU). La somma dei tre gruppi rappresenta ben il 30,3% dell’intera flora autoctona euganea. Per 8 specie, sicuramente rare, le conoscenze acquisite durante le indagini, non sono ancora sufficienti per definirne lo status. I maggiori punti di criticità, a causa del pessimo stato delle acque e dalla grave riduzione degli habitat adeguati al loro insediamento, riguardano le piante legate agli ambienti umidi dell’agro pedecollinare. Alcune entità notevoli, già rare fin dai primi ritrovamenti e mantenutesi per lunghissimo tempo, ora, data la forte dilatazione della stretta antropica, rischiano di scomparire nel brevissimo periodo. Altre che, fino venti anni fa, formavano non poche consistenti popolazioni sparse nel territorio, ora sono tutte presenti con un piccolo numero di individui.

Emblematico è il caso di Sagittaria sagittifolia, un’idrofita osservata localmente in migliaia e migliaia di esemplari fino al primo lustro di questo secolo e ora quasi scomparsa. Meno drammatica è sicuramente la situazione in collina dove, con l’istituzione del Parco, è stato imposto un limite notevole all’espansione degli abitati e alle escavazioni di materiale litico ma, anche qui però, per le piante non mancano le situazioni di forte criticità. Sono sicuramente vicine al collasso varie orchidacee tra cui, ad esempio: Ophrys apifera e Ophrys holosericea le quali, per l’esiguità del loro numero, non sono in grado di ricreare una genia capace di reggere alla pressione esercitata dal pascolamento dei cinghiali. Se il livello di rischio di queste è noto e ben documentato, molto meno lo è per numerose altre specie prative, rupicole o boschive del Parco, di notevolissima importanza dal punto di vista fitogeografico, per le quali l’estinzione dagli Euganei (Buffa et al., 2016) si rivelerebbe come una definitiva perdita per tutte le zone collinari e montane del Veneto. Sono tra esse: Campanula cervicaria, Carex distachya, Silene viridiflora, Vicia pisiformis, Carex olbiensis, Osyris alba, Fibigia clypeata, Allium rotundum, Allium cyrilli, Anogramma leptophylla, Paragymnopteris marantae subsp. marantae, Berteroa incana, Allium pallens, Asplenium foreziense, Asplenium obovatum subsp. billotii, Paeonia mascula subsp. mascula, Podospermum laciniatum subsp. laciniatum, Haplophyllum patavinum, Romulea ligustica e Pallenis spinosa subsp. spinosa. Di notevole importanza conservativa si sono dimostrate alcune aree dei Colli in cui non sono ancora state introdotte colture intensive, in particolare, quelle dell’altopiano meridionale, dove resistono varie commensali dei campi di grano tra cui, ad esempio: Bifora testiculata, Thymelaea passerina, Galium tricornutum, Bupleurum lancifolium, Caucalis platycarpos, Adonis annua, Adonis flammea e Delphinium peregrinum. Poco comuni sono gli ambienti umidi collinari, ma hanno anch’essi un ruolo importantissimo per la tutela di numerose specie notevoli per la flora veneta: Gypsophila muralis, Montia arvensis, Pulicaria vulgaris, Ranunculus peltatus subsp. baudotii, Carex divisa, Osmumda regalis, Ludwigia palustris, Ophyolossum vulgatum, Gagea spathacea, Peplis portula, Lysymachia minima, Anacamptis laxiflora, Epipactis palustris, Succisa pratensis, Puccinellia distans, Agrostis canina subsp. canina e Juncus capitatus. Quasi scomparse sono le sorgenti termali a cielo aperto; ciò che resta nelle vestigia di questi ambienti sono quattro rarissime terofite: Parapholis incurva per secoli ben rappresentata nella zona termale e ora presente in modo puntiforme, Sporobolus schoenoides, Parapholis strigosa e Spergularia marina (rediviva dopo oltre un secolo) che alligna in una ristrettissima area delle Valli di Galzignano (un tempo ricche di sorgenti termali) ora coltivata a vigneto. Dalla lettura dei dati risalta anche quanto sia notevole il contributo, per ciò che riguarda le entità notevoli sotto il profilo fitogeografico, che i Colli arrecano non solo al Veneto ma a tutto il territorio nazionale a nord del Po. Gastridium phleoides, Arbutus unedo, Paeonia mascula subsp. mascula, Allium sardoum, Romulea ligustica, Carex olbiensis, Ranunculus peltatus subsp. baudotii, Smyrnium perfoliatum subsp. perfoliatum, Trifolium bocconei e Teucrium siculum subsp. euganeum, nell’ambito delle regioni alpine sono, infatti, esclusive del Parco. Inoltre con Ammoides pusilla, Bupleurum lancifolium, Lotus angustissimus, Gagea spathacea, Allium pallens, Allium cyrilli, Cytinus hypocistis, Osyris alba, Asplenium foreziense, Delphinium fissum subsp. fissum, Muscari kerneri, Asplenium obovatum subsp. billotii, Achnatherum bromoides, Delphinium peregrinum e Silene viridiflora gli Euganei contribuiscono a preservare, a partire dal Friuli fino al Piemonte, le piante rare o localizzate a nord del Po. A queste si aggiunge l’emblema dei rialzi padovani: Haplophyllum patavinum, una rutacea ad areale balcanico che qui trova l’estremo punto di diffusione a ovest. Varie specie appartenenti alla flora euganea hanno il livello di rischio valutato, a livello globale, nella Red List IUCN: Himantoglossum adriaticum, Vicia pisiformis, Salvinia natans, Trapa natans, Sagittaria sagittifolia, Marsilea quadrifolia e Schoenoplectiella supina sono ritenute a minor pericolo (LC); Galanthus nivalis quasi a rischio (NT); per Gladiolus palustris i dati indispensabili per una stima attendibile sono ritenuti insufficienti (DD). Non sono valutate secondo i criteri IUCN (NE): Hottonia palustris, Selaginella helvetica, Hippuris vulgaris, Gagea spathacea e Ruscus aculeatus. Tra i due gruppi, nella Lista rossa della flora italiana (Rossi et al, 2013), Galanthus nivalis, Selaginella helvetica e Ruscus aculeatus sono valutate come LC; Trapa natans come NT; Salvinia natans come VU; Marsilea quadrifolia, Gladiolus palustris, Gagea spathacea, Hippuris vulgaris, Sagittaria sagittifolia e Hottonia palustris come EN. Urtica urens, infine, secondo l’European regional assessment e l’EU 27 regional assessment, è da considerare LC. Un contributo utile all’azione di salvaguardia della flora notevole dei Colli, si sta concretizzzado attraverso la georeferenziazione satellitare delle Una banca dati completa sulle piante di Lista rossa potrà sicuramente diventare utile alle Istituzioni ogniqualvolta si vogliano iniziare delle attività che abbiano un impatto materiale sull’ambiente.

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