Riassunto
Con il presente lavoro vengono esposti i risultati delle analisi sulle comunità vegetali/habitat, flora, fauna e macromiceti presenti in un piccolo ma particolarmente significativo settore di costa del Lido di Venezia. Attraverso tale indagine multidisciplinare si è potuto evidenziare come le di-verse analisi concorrano a rafforzare i risultati le une delle altre. Si è cercato anche di dimostrare quali possono essere i vantaggi e i limiti di alcuni approcci di gestione delle coste.
Abstract
Naturalistic value of the coastal area in front of the ex Sea Ho-spital (island of Lido – Venice)
In this paper we present the results of the analysis of plant communities/habitats, flora, fauna and macromycetes present in a small but very significant sector of the Lido di Venezia coast. The almost total reduction human pressures during about forty years, drives the area to the recovery of habitats of the High Adriatic coast. Among the most significant habitats there are: 1210 – Annual vegeta-tion of drift lines, 2110 – Embryonic shifting dunes, 2130 * – Fixed coastal dunes with herbaceous vegetation (gray dunes), 7210 * – Calcareous fens with Cladium mariscus and species of the Cariciondavallianae, 6420 – Mediterranean tall humid herb grasslands of the Molinio-Holoschoenion. All the multidisciplinary assessments show the strengths of the recover paths. The floristic survey led to the discovery of rare species of Veneto, among other Centaurium littorale and Cutandia maritima. The observations on birds recorded the presence of species such as Charadrius alexandrinus and Sternula albifrons in the near the sea sector, and the nesting of Caprimulgus europaeus and Lanius collurio. Even the mycological surveys confirm the ecosystem recover, increasing the consistency between existing and potential conditions.
The paper also shows the advantages and the limits of some coastal management approaches.
Introduzione
Scopo del presente lavoro è, innanzitutto mettere in evidenza il valore naturalistico che un piccolo lembo di costa sabbiosa è riuscito a recuperare in termini floristici, faunistici, micologici e vegetazionali grazie alle condizioni di sostanziale abbandono di cui ha goduto per quasi quarant’anni quando, alla fine degli anni ’70, con il progressivo decremento delle funzioni sanitarie dell’ex Ospedale al Mare del Lido di Venezia (citato frequentemente in seguito come OaM), la sua spiaggia, storicamente utilizzata per l’elioterapia e la psammoterapia, è stata abbandonata (fig. 1,2,3). La vegetazione psammofila infatti, ha rapidamente ricolonizzato gli spazi, non più sistematicamente spianati/alterati ma interessati soltanto da occasionali interventi antropici di modesta entità. Si cercherà anche di chiarire come le minacce, che incombono sui sistemi costieri in generale e su quello sabbioso dell’Alto Adriatico in particolare, divengano particolarmente pericolose in contesti come quello dell’area in esame, principalmente per la sua esigua dimensione. Ragioni per le quali essa necessita di particolari attenzioni in termini gestionali. In chiave sistemica non si può trascurare il fatto che questo settore di costa, in quanto parte dell’isola di Lido, è funzionale alla complessiva efficienza della Laguna di Venezia, uno dei sistemi di ecosistemi e di paesaggi culturali più importanti della Penisola Italiana (Torricelli et al., 1997): sito UNESCO (Venezia e la sua Laguna, http://www.veniceandlagoon.net/web/), area importante per l’avifauna (IBA 064-Laguna di Venezia), area della Rete Natura 2000 (ZPS IT3250046, “Laguna di Venezia”; SIC IT3250030 “Laguna medio inferiore di Venezia”; SIC IT3250023 “Lidi di Venezia, Biotopi litora-nei”; SIC IT3250031 “Laguna superiore di Venezia”.
Area di studio
L’area in oggetto è situata nel territorio del Comune di Venezia, settore settentrionale dell’Isola di Lido, poco a sud del tratto di costa denominato San Nicolò che costituisce una porzione del Sito di interesse Comunitario IT325002. È il settore di costa antistante l’ex Ospedale al Mare e raggiunge circa 400 m di lunghezza per 250 di profondità. Attualmente risulta stabile, se non in avanza-mento, anche per la vicinanza alla Bocca di Porto. Le sabbie sono decisamente carbonatiche (Bini et al., 2002), l’ampiezza delle dune mobili (dune bianche) modesta e difatti non consente lo sviluppo dell’intera sequenza delle tipiche associazioni vegetali; manca, ad esempio, l’ammofileto.
In termini geomorfologici l’effetto più evidente dell’uso meno intenso della spiaggia negli ultimi quarant’ anni è la quota (s.l.m.) maggiore di almeno un metro rispetto ai lidi limitrofi e costituisce pertanto un’evidente testimonianza di quanto la “pulizia” meccanizzata delle spiagge contribuisca al degrado fisico del-le coste sabbiose. Una corretta gestione degli arenili consentirebbe di recuperare quote non indifferenti di superficie dunale e potrebbe rappresentare un’efficace azione di mitigazione della subsidenza e degli effetti dei cambiamenti climatici. Le figure 1, 2, e 3 (scaricate dai cataloghi on line del Laboratorio di Cartografia e GIS dell’Università IUAV di Venezia, http://www.iuav.it/SISTEMA-DE/Labo-ratori1/cosa-offri/cataloghi-/index.htm) riassumono efficacemente l’evoluzione morfologica dell’area di studio.
In passato i concessionari hanno effettuato movimenti di sabbia per tutelare la spiaggia dalle mareggiate invernali. Queste alterazioni hanno determinato un notevole valore aggiunto in termini di articolazione di condizioni ambientali e quindi di biodiversità a livello di specie e di habitat: il settore delle dune mobili é separato da quello delle dune stabilizzate da una depressione di apprezzabile profondità che ha determinato condizioni di bassura retrodunale insolitamente accentuate (osservabile nel 1987, fig. 2).
È possibile visionare molte altre immagini aeree accedendo al sito: https://tea-tromarinonibenecomune.com/storia/.
Per quanto riguarda le condizioni climatiche si ritiene necessario sottolineare che l’intero settore di costa bassa e sabbiosa nord adriatica costituisce l’unico lembo di costa del mar Mediterraneo a non rientrare nella Regione climatica Mediterranea ma in quella Temperata (Rivas Martínez et al., 2004a), più precisamente: bioclima temperato oceanico, termotipo mesotemperato, ombrotipo subumido inferiore (Buffa et al., 2007). Viene riportato il diagramma ombro-termico calcolato sui dati della stazione meteorologica di Tessera (Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare e l’Organizzazione Mondiale della Meteorologia) per l’intervallo di tempo tra il 1971 e il 2000.
Le suddette condizioni climatiche consentono lo sviluppo, sulle dune grigie altoadriatiche, di comunità vegetali completamente diverse da quelle che si possono trovare in qualsiasi altro settore costiero del Mediterraneo (Pignatti 1952,1953,1959). Si possono notare interessanti analogie con sistemi costieri ben più estesi presenti nella Regione Climatica Temperata, ad esempio nel set-tore atlantico della Francia come evidenziato da Géhu et al. (1984a; 1984b). Se da un lato l’estensione delle dune costiere altoadriatiche non è minimamen-te paragonabile ai vasti sistemi dunali delle coste atlantiche francesi (l’area in esame esaspera oltremodo queste differenze) la loro valenza biogeografica è però di gran lunga più interessante: sono inevitabilmente caratterizzate dal geoelemento mediterraneo e risentono della vicinanza di quel grande serbatoio di biodiversità costituito dalla Penisola Balcanica. Secondo Rivas Martínez et al. (2004b) l’area rientra nella Regione biogeografica Eurosiberiana, provinciaAppennino-Balcanica e subprovincia Padana.
Dati e metodi
La raccolta dei dati si è svolta in tempi diversi secondo le classiche modalità delle varie discipline. Il lavoro degli zoologi si è protratto dal 2000 al 2014 con periodici censimenti.
Le osservazioni relative alla flora si sono concentrate nella primavera 2014, con sopralluoghi integrativi nella restante parte dell’anno e nel successivo. Per la flora la nomenclatura segue Conti et al. (2005) e successivi aggiornamenti. Del-le specie floristiche di maggior interesse è stata indicata la categoria di minaccia secondo la recente “Lista rossa regionale delle piante vascolari” della Regione Veneto (Buffa et al., 2016).
Nella primavera-estate del 2014 sono stati effettuati i rilievi fitosociologici se-condo il metodo della Scuola Sigmatista (Braun-Blanquet, 1964). Le comunità vegetali rinvenute sono state inquadrate in termini sintassonomici in coerenza con il Prodromo della vegetazione d’Italia (Biondi e Blasi, 2015) e attribuite ai rispettivi habitat della Direttiva 92/43 (secondo Blasi et al., 2010). Ciò ha consentito di realizzare una dettagliata cartografia della vegetazione dalla quale sono state derivate: una cartografia degli habitat di Direttiva e varie Cartografie degli habitat delle principali specie faunistiche.
Le indagini relative ai macromiceti si sono concentrate nell’autunno 2014 con successivi sopralluoghi di conferma. Il Manuale ISPRA (AA.VV., 2014) ha con-sentito di mettere in relazione i macromiceti rinvenuti con i diversi habitat at-tualmente o potenzialmente presenti.
Risultati
Vengono di seguito riportati i risultati delle indagini naturalistiche nel seguente ordine:
- Vegetazione e habitat
- Cartografia
- Aspetti floristici
- Macromiceti e il loro significato in termini di habitat
- Fauna ed habitat di specie
Vegetazione e habitat
La vegetazione delle dune costiere può essere divisa in due grandi categorie, la vegetazione delle dune bianche (mobili) e quella delle dune grigie (stabilizzate): è evidente che la vegetazione che si sviluppa su materiali così poco coerenti ri-senta molto di tutti quei fattori (naturali e antropici) che incidono sulla stabilità del substrato. Le bassure umide che si sviluppano tra le dune grigie costitui-scono di fatto un’ulteriore categoria. La conservazione dell’articolazione geo-morfologica, come sopra evidenziato, è quindi essenziale per la conservazione della vegetazione: una quota media della duna embrionale bianca superiore di almeno un metro (s.l.m.) rispetto alla spiaggia circostante e un’articolazione delle bassure retrodunali molto accentuata, il tutto abbinato ad una sostanziale assenza di erosione costiera. Per quanto detto a proposito dell’area di studio, nel settore costiero veneto si verificano condizioni molto particolari e l’interpre-tazione delle comunità vegetali che qui si sviluppano non può prescindere dai già citati studi di Pignatti (1952, 1953, 1959) e di Géhu et al. (1984a, 1984b). In questi ultimi l’intera gamma delle tipologie vegetazionali viene rivisitata con una particolare attenzione al contesto biogeografico. Più recentemente Sburli-no et al. (2008, 2013) e Gamper et al. (2008) riprendono in considerazione ed integrano gli studi sulla vegetazione delle dune grigie (legnosa e non) e delle bassure infradunali.
Dune embrionali
Salsolo kali-Cakiletum maritimae (tab. 1) – comunità erbacea, annua, pioniera,discontinua, alonitrofila e psammofila che si sviluppa tra la battigia e le dune embrionali dove si verifica un certo accumulo di resti organici. Habitat Natura 2000: 1210 (Vegetazione annua delle linee di deposito marine). Sporobolo arenarii-Agropyretum juncei (tab. 2) – comunità erbacea, perenne,psammofila, discontinua, che occupa la fascia delle dune embrionali, contri-buendo al loro sviluppo. Habitat Natura 2000: 2110 (Dune embrionali mobili)
Sileno coloratae-Vulpietum membranaceae (tab. 3) – comunità erbacea annua,discontinua, che si sviluppa sulle superfici di contatto tra duna bianca e duna grigia con la possibilità di penetrare più profondamente in quest’ultima in se-guito a disturbo antropico. Habitat Natura 2000: 2230 (Dune con prati dei Malcolmietalia). Sono state cartografate insieme a questa tipologia di vegetazione e quindi in-sieme a questo habitat alcune comunità erbacee a dominanza di Spartina versi-color (tab. 4), considerate un aspetto degradato del Sileno-Vulpietum. Cosa cheappare confermata dalla composizione specifica del popolamento. In termini strutturali però, tali comunità a Spartina versicolor svolgono un ruolo più affine a quello giuocato altrove dall’ammofileto che invece qui risulta assente. Si può però affermare che le comunità citate (cakileto, agropireto, sileno-vulpieto e spartineto) conferiscono alle dune mobili una adeguata consistenza strutturale ed è quindi ipotizzabile una sufficiente resilienza.